IL MIRACOLO
DI VEDERE
E
DI AMMIRARE
Robert Doisneau
Il pescatore di immagini
Pisa, Museo della grafica
fino al 17 giugno 2018
Robert Doisneau ha praticato un solo progetto fotografico, un intenso manifesto lungo una vita intera. Scrive: il fotografo tira per la manica l’uomo frettoloso dallo sguardo perso nel vuoto e gli mostra lo spettacolo gratuito e permanente della strada. Il mondo restituito dalle sue immagini è fatto di bambini, vie e sentieri, ballerine, venditori sulla soglia del negozio, guardie e palloncini sospesi, partigiani nella Parigi liberata, operai e artigiani, giovani sposi.Si affacciano mondi alti e mondi bassi, uomini e donne nei balli in strada come in quelli di gala. Tutto vale purché passi nelle strade e lì vicino, rotte tangenti o parallele. Quando Doisneau comincia a fotografare, sono ancora gli anni delle lastre e lui impara empiricamente dai manualetti informativi. Allora il lavoro del fotografo era considerato molto basso al pari degli imbonitori alle fiere e il giovane Robert trova vari impieghi per mantenere se e famiglia, salvo assentarsi dal lavoro per scattare. Le poche immagini che nella corsa del tempo continuano a restare a galla ammucchiandosi come tappi di sughero nel mulinello di un fiume, sono state scattate durante le ore rubate ai miei datori di lavoro. Saranno la Rolleiflex prima e la Leica poi ad accompagnarlo nella costruzione di quello che definisce ‘il mio piccolo teatro’, con quel rigoroso bianco e nero insostituibile per i soggetti inquadrati. Doisneau amava catturare immagini letteralmente aspettandole, fermo ad un angolo di strada o dentro un locale a notte fonda. La Ville Lumière era sempre a disposizione come luogo-non luogo, dunque non mera scenografia ma ulteriore soggetto che dialoga e guarda. Il lungosenna accogliente, i bistrot e i caffè, il cielo delle varie stagioni al pari dei marciapiedi, tutti quanti circondano come un abbraccio immancabile le care persone rapite dall’obbiettivo. Parigi del quotidiano, Parigi come sfondo di elezione per una sorta di magia nascosta. Doisneau gioca con lo sguardo attraverso la macchina fotografica e gioca con gli sguardi che ferma in un momento indefinibile. Il suo è lo sguardo divertito che coglie tanti momenti divertiti del mondo circostante, proprio con l’irriverenza che spetta al clown. Scrive, disobbedire mi sembra una funzione vitale e devo dire che non me ne sono mai privato. In modo straordinario fermerà giochi e pose scanzonate di bambini a scuola o per la strada e quelle immagini non hanno niente della ritrattistica patinata o preconfezionata. Per anni ha scattato girovagando nella periferia parigina, la banlieue di metà novecento che raccoglieva un intero immaginario di povertà e dramma non solo post bellici. Ma di quei drammi non vuole mai narrare le difficoltà esasperate, quanto mostrare la tenerezza degli esseri umani che vi abitano. Non riprodurre o denunciare le crisi, ma fermare certi momenti di gioia per ritrasmetterla. In fondo non c'è niente di più soggettivo dell'obbiettivo, noi non mostriamo il mondo come è veramente. Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere. I famosi baci tra innamorati che ritrae in affollati quartieri, quei baci sospesi fra il gesto naturale e la posa davanti all’obbiettivo, altro non sono che l’ennesima ricerca di serena accoglienza. E come accoglie persone del suo caro popolo isolandole dal gruppo dei passanti, così ritrae gli amici artisti delle sue frequentazioni. Fra tutti ci saranno Picasso, Blaise Cendrars, Jacques Prevért. Del pittore spagnolo ci sono arrivate le immagini scattate da Doisneau nel corso di molte ore trascorse insieme, testimonianza del mettersi in gioco di entrambi. Quelli dei due poeti sono ritratti che riescono a trasmettere la familiarità fra loro e il fotografo, come una comunanza di intenti e di visione del mondo. Nascono per questo alcuni libri di poesie e foto, dialogo straordinario fra il lavoro di Doisneu e quello di Prevert e Cendrars (i bellissimi Rue e La banlieue de Paris, ancora oggi reperibili perché ormai dei veri e propri classici). In quell’ affermazione ‘io fotografavo’ il verbo coniugato all’imperfetto richiama volutamente il tempo della nostalgia, sentimenti e soavità che percorrono tanti testi dei suoi amici fraterni nonché compagni di passeggiate parigine. Le sue immagini sono poesia nelle storie che contengono, nelle inquadrature, nella composizione degli elementi. Il fotografo francese non si è mai sentito a proprio agio nei set delle sfilate di moda, pur essendo lì presente per alcuni servizi. Prediligeva di più le fonti del quotidiano spicciolo, quello dei fatti comuni, e sempre da Parigi e dintorni. Da qui si è sempre allontanato poco, quando è successo ha fatto subito ritorno. Se oggi la “street photography è una tendenza a cui pochi riescono a sottrarsi per desiderio di emulazione, si potrebbe essere tentati di riconoscere in Doisneau uno dei suoi maestri. Ma lasciamo subito una simile idea considerando il suo intento di evitare qualsiasi categorizzazione. La sua fotografia ha seguito rotte personali, quelle di un autentico sentire senza schemi ne’ prima ne’ a posteriori. La mostra in corso a Pisa, dal titolo esemplare Il pescatore di immagini, ci accompagna attraverso un percorso di sguardi necessari sul mondo. Non importa se per alcuni è difficile individuare delle stagioni differenti all’interno della sua opera completa. Doisneau rimane sempre quel bambino disubbidiente, quell’adulto irriverente. Rimane sempre, dal titolo di una sua foto, quello sguardo obliquo sul mondo. Meravigliosamente obliquo.
Elisabetta Beneforti
Un regard oblique