ALESSANDRO FO
Cielo e terra
Così in terra
(quei che dipinge lì non ha chi ‘l guidi
Paradiso XVIII 109)
Finalmente finivano i lavori
e andavamo nella sera al bancomat
per il saldo, assorto, riservato,
taciturno il pittore;
da un lato il gran chiesone,
cui la volta bruciata della cupola
flottava in un tramonto indescrivibile
di nuvole celesti ed arancioni,
rosa, bianche;
dall’altro i nuvoloni
grigi in cui si ammucchiavano gli uffici
dei palazzoni opachi a spranghe rosse
– sormontati però da arcobaleno
a tutto sesto, doppio ed incredibile,
nitido, immenso, tangibile
e, semichiuso in un cerchio giottesco,
quasi innesto di un altro spaziotempo:
surreale fulgore più incredibile
per il rosso ed il giallo
(banderuola in metallo
del distributore), sovrastati
dal blu in campo arancione
di un grosso cartellone:
che glossavano il cielo
rispettivamente APERTO e GRATIS.
Il pittore (per una confidenza
cresciuta sotto traccia con il tempo)
derogò al suo impenetrabile silenzio,
lasciandosi scappare: «Bel pittore,
eh?»
Arcangelo blu
Ali celesti le nubi sul Campo
fra veli e stracci di tenero bianco
nel delicato azzurro.
Che sera,
dopo la pioggia, a prima primavera,
festa di luce per l’ora legale.
In chiesa
lei scosta a volte le braccia, appena appena
a palme al cielo, come un Redentore,
statua africana della compostezza.
Dio è, così, una volta di più,
anche una giovane e bella donna nera
che sottile e elegante
snella s’impone nel cappotto blu.
Angelo assopito
Una piccola vita di sei anni
addormentata nel grembo del padre,
coperta da una giacchetta all’incontrario,
si muoveva con il suo respiro
fra le braccia, alzandosi, abbassandosi.
Quindi il padre prese a dondolarla,
nel silenzio dell’Adorazione
venato appena dal sussurro di un canto.
Titolo: Notturno in luogo santo.
Nome dell’angelo
Angelo già in poesia
con vestito bianco a fiori neri.
Guance rosa di raso
e bianchissimi denti
fra labbra-fiori seriche,
rossi pieni sentieri.
Nome appreso per caso,
trovandoci clienti in
una copisteria.
Fra i nobili gradienti
dell’Oriane dei Guermantes
e i neri occhi taglienti
(sempre nei miei pensieri)
di Anna Maria Guarnieri,
sta il nome di quest’angelo:
Maria Anna A...
Casa di riposo «Il Balcone»
«È questa solitudine» (piangendo)
«…Non la si vince, professore… Non…
Non la si vince…»
(Più tardi invece) «E questa solitudine
si vince anche… Che vuole, si prende
quello che viene… E anche la si vince…
Ma è che non ricevo più notizie»
(piangendo) «…non so niente di nessuno…
Cosa sarà di loro?
Ormai i miei genitori sono anziani…
Io ho già compiuto e passato i novanta…»
(Un’altra novantenne in corridoio
si culla stretto al petto
il bambolotto in cui vede un neonato).
Angelo della morte
Fuori dal tribunale
passavi più lontano.
La tua andatura stramba,
le ballerine rosse sul pantano
di tormenti passati.
Non accada
più di subirli.
E presi un’altra strada.
Ma una falce fatale
ci riunì spietata al faccia a faccia
e sconsolato allargando le braccia
ti ci sfiorai d’istinto le spalle,
mentre salutavi fredda e odiosa,
che saresti stata più affettuosa
nell’incontrare perfino la morte.
A sinistra, azzurra in campo rosa,
la vena sul tuo seno
non veniva volgendo che veleno.
E ti vidi, per un sinistro effetto,
comporsi i connotati della morte.
Sotto occhiali da sole, solo un teschio;
le tue poche parole storte e ossesse
slittavano in un morso, quasi come
quando caddi e il muscolo non resse
e lo strappo aprì un buco nella gamba.
Rapidamente ti volsi le spalle.
Sopprimere un antico e vivo affetto,
come per trarre in inganno la morte.
Angelo dell’irrealtà
Pantaneto (la via dei suoi ‘successi’…):
al saluto da in cima a Magalotti,
sgattaiolò dal suo esercizio in fretta
a braccia aperte, facendogli festa.
Complimenti reciproci a dirotto.
In un’altra esistenza parallela
stavano già volando sul week end
verso una qualche spiaggia nella sera.
Angeli in nero (riflessi e contrapposti)
La ragazza assai osé,
con una canottiera
trasparente, accese una candela
e rimase a pregare
lì vicino all’altare, al-
la statua di Maria,
senza farsi sfiorare
dal minimo problema,
sensuale spettacolo
nei capelli lunghi bella, nera
come la leggera
velatura,
come la cartella
di don Giuliano
che, la mano
sul cuore, molto prima
nella chiesa deserta, di schiena
sull’attenti, all’altare
sorprendevi, in nero, conversare
con Dio nel tabernacolo.
Angelo che incontra angeli
Angelo con trecce bionde,
scrive da Vienna, in perfetto italiano:
«A proposito di angeli,
vorrei dirle di questo:
UN BAMBINO 1956 -1958
ANGELO DI DIO
FUGACEMENTE SORRISE
SULLA TERRA
GIOIA E DELIZIA
DEI GENITORI, DEI NONNI
TORNANDO AL CIELO
PATRIA IMMORTALE
Questa poesia la trovai su una tomba
del cimitero di Pomposa, se ricordo bene.
Mi colpì tanto, che, non potendo copiarla
o fotografarla, decisi
di impararla a memoria per non perderla.
Così con me la portai tutto il giorno,
fino a scriverla appena giunta a casa.
Non posso dire, se la mia memoria
l’abbia contaminata, però
penso che anche questa mia versione
riporti l’emozione
e l’impressione che essa mi trasmise».
(Quel bambino, così
– così lontano
da Vienna, dalla vita:
e avrei potuto anche essere io,
venuto al mondo quasi il suo stesso anno –,
grazie a quest’angelo,
non ha vissuto invano).
Opere ed omissioni
«…riconosci quale ritmo regge gli uomini»
(Archiloco)
(Non ne ha parlato il parroco alla Messa,
come se niente…)
Un po’ avanti con gli anni,
il volto lesionato,
senza più un occhio, nascosto dagli occhiali,
in chiesa spesso leggeva all’altare.
Un nome, Felicina,
di quelli che sono ormai andati persi.
«…Aveva sempre una parola buona…
Nonostante quella sua sventura…».
Pieno giorno, di Maggio. Andava a Messa.
Forse per via dell’occhio,
ma non l’ha visto: l’ha presa un motorino,
se l’è portata dritta in braccio a Dio.
Per breve tempo qualcosa di lei dura,
forse, in qualche vecchina
come lei, o in un vecchino
che ora trema di una malattia
fra i banchi, o in quello che ha il collo piegato,
o in qualcun altro, per caso inciampato
fra questi versi.
Se no, della sua vita,
non rimarrà, ho paura, traccia alcuna.
Nemmeno il parroco l’ha rammemorato.
Come se niente.
Di ritorno al «Balcone»
«Come, non è domenica?
E che mese sarà?... Forse qualcosa…
come dicembre?... »
(ma oggi è martedì 21 aprile).
«Faccia la brava, allora, e non si scordi
di me»… «Ma noo, che cosa va a pensare?
Lei è troppo lungo per dimenticarla».
Delle poesie qui presentate, alcune sono state pubblicate in rivista: Così in terra in «Caffè Michelangiolo» anno V n. 1,
gennaio-aprile 2000, p. 19; Arcangelo blu in «Il Foglio volante», mensile letterario di cultura varia, Isernia, anno XXX n. 1, gennaio 2015, p. 1; Angelo assopito in «Gradiva» 47,
Spring 2015, Firenze, Olschki, 2015, pp. 6-7; Nome dell’angelo, Angelo della morte, Angelo dell’irrealtà in «L’Immaginazione» 283, settembre-ottobre 2014, pp. 1-
2.
Le rimanenti sono inedite.
Alessandro Fo
è professore ordinario di Letteratura Latina.
Ha curato l’edizione tradotta, con introduzione e commento, di Rutilio Namaziano, Il ritorno (Torino, Einaudi, 1994); ha collaborato con traduzioni e schede alla Antologia della poesia
latina (Milano, Mondadori, 1993), e ha contribuito con varie voci al manuale di letteratura latina diretto da Maurizio Bettini (Firenze, La Nuova Italia, 1995). Inoltre: Virgilio, Purché
ci resti Mantova, Le Bucoliche I e IX tradotte e divagate insieme a Giorgio Bernardi Perini per le Edizioni degli Amici (Sargiano 2002); la traduzione con studio introduttivo e note delle
Metamorfosi di Apuleio (Milano, Frassinelli, 2003; rist. aggiornata Torino, Einaudi 2010); una nuova traduzione, in esametri ‘barbari’ dell’Eneide di Virgilio, con studio
introduttivo, nella «Nuova Universale Einaudi» (Torino 2012; note di Filomena Giannotti). Si occupa anche di fortuna dei classici nella modernità e di Letteratura italiana contemporanea (ha
curato varie opere di Angelo Maria Ripellino, fra cui — insieme a Federico Lenzi, Antonio Pane e Claudio Vela — l’integrale delle poesie uscita in due volumi, rispettivamente presso Aragno e
Einaudi, nel 2006 e 2007). Ha pubblicato il saggio Il cieco e la luna. Un’idea della poesia (Sargiano, Edizioni degli Amici, 2003).
È anche poeta, autore teatrale e saggista. Nel 1995 ha vinto il Premio Dessì e il Premio Nazionale Letterario Pisa; nel 2004 il Premio Achille Marazza; nel 2013 il Premio Gregor von Rezzori per
la miglior traduzione in italiano dell’Eneide di Publio Virgilio Marone; nel 2014 il Premio Viareggio - Rèpaci per la poesia con Mancanze.
Questi i suoi libri di versi:
Fotografia di Monica Immovilli
Alessandro Fo
La pagina viene presentata per gentile concessione dell'autore a Pioggia Obliqua