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Luc Fierens ( Belgio,1961) è collagista e poeta-provocatore visivo ed è attivo in una rete di interrelazioni tra artisti nell'ambito della Poesia Visiva, Mail Art e Fluxus. Le sue diverse espressività mettono l'accento su linguaggio e immagine come materia prima di esplorazione nell'ambito di forme alternative di comunicazione. In quest'ottica ha promosso un dialogo transnazionale a partire dal 1984 e già prima della diffusione di Internet, mediante progetti di Mail Art ( Social-Art, Cornucopie...) e pubblicazioni (Postfluxpostbooklets). Attualmente la sua ricerca continua come "architettura sociale" con artisti con i quali scambia, trasmette e finalizza arte e progetti di collaborazione via posta ed e-mail e con i quali organizza incontri, performance, pubblicazioni e mostre. I suoi lavori e le pubblicazioni si trovano in archivi di grande interesse (Archivio R&M Sackner-Miami, Artpool-Budapest, Archivio Vortice Buenos Aires - Argentina), biblioteche come quella del MoMa e collezione di libri rari presso l'Università di Buffalo, musei come il MaRT-Trento e Rovereto e KaNAM - Karuizawa in Giappone, diverse collezioni private come la Fondazione Berardelli a Brescia e Collezione Palli a Prato. Numerose le sue partecipazioni a esposizioni internazionali e antologie di Poesia Visiva in Europa, Stati Uniti e Russia. Nel 2019 la Fondazione Berardelli ha allestito a Brescia la retrospettiva monografica "Punti di vista e di partenza" a cura di Margot Modonesi.
Caccia
Pioggia Obliqua - Poesia visiva e poesia scritta : esiste fra loro un rapporto di osmosi o simbiosi, si possono individuare vicini motivi di ispirazione o una comunanza di poetica? Per te, da dove inizia la ricerca del linguaggio della poesia visiva?
Luc Fierens - Ho iniziato da molto giovane la ricerca del linguaggio nella poesia visiva: ho scritto testi nell’illusione di poter sfidare la realtà. Far riflettere il lettore sugli abusi. Pasolini ha detto che dobbiamo grattare via la patina della realtà per vedere la cosa reale, ed è stato così che le mie immagini sono finite nei miei testi, diventando poesia visiva. E anche viceversa, dal momento che la poesia visiva e la poesia scritta hanno questo in comune: mettere in discussione la nostra umanità in relazione all’altro. La mia ispirazione per entrambe è un sentimento eccessivo verso il mondo. Nei miei album di ritagli, frammenti di giornali finivano con frasi. Non solo collage, ma immagini e testo. La visione critica del mondo è stata anche alla base della mia ricerca sul linguaggio della Poesia Visiva. Nessuna decorazione, nessun esperimento per l’esperimento. Per un’intervista TV Zemst nel 2011 ho affermato che “come poeta visivo combino poesia e arte contemporanea, perché le parole non sono sufficienti e perché la maggior parte dei poeti ha già parlato delle cose più importanti con le parole. Quando le immagini venivano a me, come la morte di JF Kennedy o Martin Luther King, ho sentito che dovevo fare qualcosa con le immagini. Forse una sorta di ipersensibilità contro il mondo e voglio oppormi contro le immagini e le situazioni. Riscrivendo queste immagini voglio dare loro un nuovo senso.” E quando ho incontrato la rivista “Lotta Poetica”, ho capito in quale direzione volevo andare. Sarenco ha sempre difeso il termine Poesia Visiva perché è socialmente impegnata e si oppone allo status quo.
PO – I tuoi lavori presentano immagini forti e eleganti al tempo stesso, dove il corpo umano appare sospeso fra erotismo e precarietà. Il focus vuole alla fine essere più estetico o etico?
LF – Etico, perché l’art pour l’art è estetica ed è decorazione. La Poesia Visiva è etica perché ha messo in discussione i mass-media fin dall’inizio. Una controcultura all’assalto di una visione del mondo inteso come merce. “Il mondo della merce costituisce un sistema di segni, un linguaggio, un campo semiologico: esso ci parla e con eloquenza persuasiva e stringente” (Henry Lefebvre).
Penso che Silvio De Gracia abbia sintetizzato molto bene e in poche righe tutto il mio percorso : “Fierens ha lo sguardo ribelle e provocatorio di un poeta determinato a sconvolgere l’appiattimento del nostro immaginario. Il suo tono profondamente desacralizzante e incisivo trova nell’assalto e nella violenza del linguaggio pubblicitario e giornalistico una via privilegiata per intervenire criticamente sulla realtà, dando espressione a una visualità alternativa e dissidente. Il focus del suo lavoro nell’ambito del collage si concentra sulla sua visione poetica, una visione trasgressiva che si fa coinvolgere in un persistente gioco di contraddizioni per finire in un’entità ibrida a metà strada tra il plastico e il puramente poetico : il collage-poema. L’opzione estetica di Luc Fierens si nutre del frammento, della deviazione e soprattutto di una volontà di attivazione critica poco presente nel campo del collage”.
Come difendersi
PO – Affermi infatti “la lotta poetica continua”…cosa significa oggi fare poesia visiva?
LF – Oggi serve una controcultura come la Poesia Visiva perché le condizioni che esistevano negli anni ’60 e ’70 sono ormai identiche, sono cambiati solo i nomi di chi detiene il potere e dei mass media ma il nucleo della resistenza rimane lo stesso. Una guerriglia della comunicazione, una correzione continua delle prospettive, la verifica dei codici, l’interpretazione sempre rinnovata dei messaggi di massa. Per dirla con Umberto Eco “l’universo della Comunicazione Tecnologica sarebbe attraversato allora da gruppi di guerriglieri della comunicazione che reintrodurrebbero una dimensione critica nella ricezione passiva”. E “Lotta Poetica” era la rivista di Sarenco dove pubblicavo da giovanissimo e, per continuare a portare avanti questa visione, ho aggiunto la parola “continua”. Anche con Elena Marini dal 2015 abbiamo cominciato a diffondere questo messaggio (non uno slogan) perché oggi troppi poeti visivi parlano di Poesia Visuale e questo è troppo riduttivo e provinciale (un mix di asemic, decorazione, scrittura…). No, la Poesia Visiva è internazionale.
PO – Nel tuo percorso artistico sono presenti anche Fluxus e Mail Art, c’è un fil rouge fra queste esperienze e la poesia visiva?
LF – Le tre neoavanguardie non si sarebbero internazionalizzate l’una senza l’altra. La Mail Art rappresenta per me il fil rouge perché proprio la Mail Art è stato il primo social network analogico che ha contribuito a diffondere Fluxus e la Poesia Visiva. Avevano anche molto in comune, come le loro pubblicazioni e i libri d’artista, nonché gli eventi artistici non ufficiali che venivano organizzati. Il primo festival d’avanguardia Fluxus di Charlotte Moorman a New York ha visto come protagonisti alcuni poeti visivi, fra cui Lamberto Pignotti. L’Italia è sempre stata un terreno fertile per le loro attività, grazie ad organizzatori molto ispirati come Rosanna Chiessi ( Pari & Dispari), Caterina Gualco o collezionisti come Bonotto, Berardelli, Palli, Sarenco e Conz.
Semi-finale
PO – Fai parte della cosiddetta seconda generazione di poeti visivi, da questo punto del ‘viaggio storico’ come ti rapporti con quella a te precedente e con la successiva?
LF – La seconda generazione ha dovuto competere con una prima generazione degli anni ’70 quando tutto ciò che ha rinnovato l’arte contemporanea era da poco iniziato. Quindi per noi non è stato semplice, era necessario essere autentici nella nostra ricerca. Come seconda generazione, ci siamo evoluti come campo d’attività dalla Mail Art a Internet, inteso come social network globale. La politica costringe la resistenza ad essere creativa? Questo lo fanno anche i poeti visivi. Sta arrivando anche la generazione successiva: Elena Marini, Francesco Aprile, Davide Galipò, Alessio Guano, Elena Cappai Bonanni e altri ancora più giovani. Cercano e trovano la propria voce nell’esprimere indignazione e meraviglia. La Poesia Visiva è sopravvissuta cinquanta anni e sta continuando a stupire. Sono grato perché ho conosciuto molti protagonisti delle tre generazioni, ho lavorato con loro, ho viaggiato e lottato contro l’establishment artistico ufficiale.
Fatale